“La promozione della salute nei luoghi di lavoro”
Siamo portatori di Cultura della Prevenzione, Cultura della Sicurezza sul lavoro, Cultura della Salute. Il nostro intento è sensibilizzare i lavoratori ad essere parte attiva di un percorso che li vede troppo spesso “passivi”; stare in Salute è si un diritto ma anche un dovere. Devono essere loro stessi gli attori principali del loro Benessere.
I dati relativi al continuo invecchiamento della popolazione e della forza lavoro in Europa sono associati ad una riduzione delle capacità fisiche e cognitive dei lavoratori e all’aumento dell’incidenza di diverse patologie. È dunque evidente quanto le attività di promozione della salute nei luoghi di lavoro (WHP - Workplace Health Promotion) possano essere rilevanti e necessarie in questo contesto attuale: agire sulla popolazione adulta, sul miglioramento del suo stile di vita e del suo livello di efficienza fisica vuol dire, anche, avere una futura popolazione anziana in condizioni di maggior benessere psico-fisico. Agire sulla popolazione anziana significa mantenere il più possibile le condizioni di benessere in generale e garantire, di conseguenza, anche una maggiore validità e capacità lavorativa.
Riguardo al tema dell’invecchiamento è ormai necessario cogliere tutte le opportunità per migliorare l’integrazione tra salute, igiene e sicurezza sul posto di lavoro e gli aspetti della promozione della salute. E questo anche per garantire che le iniziative di WHP non rimangano attività isolate, ma parte di un intervento molto più ampio per migliorare la salute in un’ottica di Total Worker Health (TWH), cioè di programmi, pratiche e politiche che abbiano l'obiettivo di promuovere il benessere globale del lavoratore.
I principali ostacoli agli interventi di successo di WHP sono generalmente individuati nella scarsa consapevolezza della relazione fra i fattori che influenzano la capacità lavorativa (ad es. condizioni, stile di vita, ecc.) e l’età. In Europa è ormai diffuso un nuovo approccio in cui la qualità della vita degli anziani deve tenere conto degli effetti, tra loro sovrapposti, dovuti all'invecchiamento, all’attività lavorativa e alle condizioni di salute.
Alcuni esempi di buone prassi dimostrano che i costi degli investimenti nella promozione della capacità lavorativa sono compensati dai benefici, le persone possono continuare a lavorare in modo produttivo, l’ambiente di lavoro migliora, la produttività aumenta e i problemi legati all’età diminuiscono. Alcuni studi di analisi costi-benefici indicano che il ritorno di utili rispetto al capitale investito (Return of Investment - ROI) possono essere molto buoni: l’utile su 1 EUR investito è pari anche a 3-5 EUR dopo alcuni anni. Il ROI positivo si basa sui bassi tassi di assenza per malattia, sulla riduzione dei costi dovuti a disabilità al lavoro e una migliore produttività.
E si è compreso che buone condizioni di lavoro possono contribuire nel mantenere lo stato di salute soprattutto se sono instaurate fin dalle età più giovani.
In questo senso la Commissione Europea ha sottolineato l'importanza per le aziende di investire sul capitale umano, sull'ambiente, sul rapporto con il territorio in cui è inserita e con tutte le parti interessate, considerando queste attività un investimento per migliorare sia l'ambiente di lavoro sia l'immagine dell'azienda e dei prodotti in termini di marketing.
Diverse esperienze regionali in materia di promozione della salute nei luoghi di lavoro vedono la collaborazione tra Pubblico (servizio sanitario) e Privato (associazioni datoriali e imprenditori).
L’avvio di esperienze strutturate di questo tipo può essere collocato nel 2011 quando l’Azienda Sanitaria di Bergamo, insieme all’articolazione locale di Confindustria con il patrocinio delle parti sindacali e di diversi partner istituzionali e scientifici, ha ideato e sperimentato un modello operativo del WHP.
La strategia della promozione della Salute nei luoghi di lavoro messa in atto è stata orientata a dare a tutti i lavoratori le stesse opportunità di salute: l’azienda e i lavoratori diventano entrambi responsabili dell’attivazione (empowerment) di processi di salute ed il programma prevede una flessibilità di attivazione per garantire la massima adesione al setting locale di applicazione, anche in considerazione delle disuguaglianze di salute che sappiamo essere presenti nel mondo lavorativo (blu collars/white collars; livello di istruzione, condizione di immigrato, ecc). Le aziende iniziano un percorso che prevede la realizzazione di buone pratiche efficaci nel campo della promozione della salute per sviluppare l’attività fisica, offrire opportunità per smettere di fumare, promuovere un’alimentazione sana, ridurre l’assunzione di alcool e attuare misure per migliorare il benessere sul lavoro e oltre il lavoro.
Gli interventi di promozione della Salute nei luoghi di lavoro non devono rappresentare percorsi alternativi a quelli di Prevenzione e Sicurezza, né rappresentare strumenti di ‘sconto’ rispetto agli obblighi normativi.
Uno dei rischi che si corrono nel condurre esperienze di WHP è il rischio di un’adesione anche convinta da parte aziendale, ma vista come semplice ‘fringe-benefit’ per la propria manodopera.
Il management aziendale può, in perfetta buona fede, essere soprattutto interessato a ‘far qualcosa’ per i propri dipendenti al fine, generico, di migliorarne l’attaccamento all’azienda e, indirettamente, il benessere al lavoro. Un lavoratore che si senta seguito dalla propria azienda in tanti aspetti della propria esistenza certamente gode di un benessere maggiore di quel lavoratore che non abbia tali attenzioni. Per i cultori della medicina del lavoro è facile riscontrare l’analogia con il cosiddetto ‘effetto Hawtorne’ o, in termini medici più generali, con una sorta di effetto ‘placebo’”.
Deve interessare il vero end-point dell’azione intrapresa, cioè il guadagno di salute dei lavoratori coinvolti per effetto specifico dell’azione promossa. E per garantire il raggiungimento di tale obiettivo il follow-up diventa elemento indispensabile di qualsiasi proposta. È dunque importante occuparsi della verifica del raggiungimento degli obiettivi del programma attraverso strumenti di misura al follow-up, come è avvenuto per l’esperienza di Bergamo.
I dati relativi al continuo invecchiamento della popolazione e della forza lavoro in Europa sono associati ad una riduzione delle capacità fisiche e cognitive dei lavoratori e all’aumento dell’incidenza di diverse patologie. È dunque evidente quanto le attività di promozione della salute nei luoghi di lavoro (WHP - Workplace Health Promotion) possano essere rilevanti e necessarie in questo contesto attuale: agire sulla popolazione adulta, sul miglioramento del suo stile di vita e del suo livello di efficienza fisica vuol dire, anche, avere una futura popolazione anziana in condizioni di maggior benessere psico-fisico. Agire sulla popolazione anziana significa mantenere il più possibile le condizioni di benessere in generale e garantire, di conseguenza, anche una maggiore validità e capacità lavorativa.
Riguardo al tema dell’invecchiamento è ormai necessario cogliere tutte le opportunità per migliorare l’integrazione tra salute, igiene e sicurezza sul posto di lavoro e gli aspetti della promozione della salute. E questo anche per garantire che le iniziative di WHP non rimangano attività isolate, ma parte di un intervento molto più ampio per migliorare la salute in un’ottica di Total Worker Health (TWH), cioè di programmi, pratiche e politiche che abbiano l'obiettivo di promuovere il benessere globale del lavoratore.
I principali ostacoli agli interventi di successo di WHP sono generalmente individuati nella scarsa consapevolezza della relazione fra i fattori che influenzano la capacità lavorativa (ad es. condizioni, stile di vita, ecc.) e l’età. In Europa è ormai diffuso un nuovo approccio in cui la qualità della vita degli anziani deve tenere conto degli effetti, tra loro sovrapposti, dovuti all'invecchiamento, all’attività lavorativa e alle condizioni di salute.
Alcuni esempi di buone prassi dimostrano che i costi degli investimenti nella promozione della capacità lavorativa sono compensati dai benefici, le persone possono continuare a lavorare in modo produttivo, l’ambiente di lavoro migliora, la produttività aumenta e i problemi legati all’età diminuiscono. Alcuni studi di analisi costi-benefici indicano che il ritorno di utili rispetto al capitale investito (Return of Investment - ROI) possono essere molto buoni: l’utile su 1 EUR investito è pari anche a 3-5 EUR dopo alcuni anni. Il ROI positivo si basa sui bassi tassi di assenza per malattia, sulla riduzione dei costi dovuti a disabilità al lavoro e una migliore produttività.
E si è compreso che buone condizioni di lavoro possono contribuire nel mantenere lo stato di salute soprattutto se sono instaurate fin dalle età più giovani.
In questo senso la Commissione Europea ha sottolineato l'importanza per le aziende di investire sul capitale umano, sull'ambiente, sul rapporto con il territorio in cui è inserita e con tutte le parti interessate, considerando queste attività un investimento per migliorare sia l'ambiente di lavoro sia l'immagine dell'azienda e dei prodotti in termini di marketing.
Diverse esperienze regionali in materia di promozione della salute nei luoghi di lavoro vedono la collaborazione tra Pubblico (servizio sanitario) e Privato (associazioni datoriali e imprenditori).
L’avvio di esperienze strutturate di questo tipo può essere collocato nel 2011 quando l’Azienda Sanitaria di Bergamo, insieme all’articolazione locale di Confindustria con il patrocinio delle parti sindacali e di diversi partner istituzionali e scientifici, ha ideato e sperimentato un modello operativo del WHP.
La strategia della promozione della Salute nei luoghi di lavoro messa in atto è stata orientata a dare a tutti i lavoratori le stesse opportunità di salute: l’azienda e i lavoratori diventano entrambi responsabili dell’attivazione (empowerment) di processi di salute ed il programma prevede una flessibilità di attivazione per garantire la massima adesione al setting locale di applicazione, anche in considerazione delle disuguaglianze di salute che sappiamo essere presenti nel mondo lavorativo (blu collars/white collars; livello di istruzione, condizione di immigrato, ecc). Le aziende iniziano un percorso che prevede la realizzazione di buone pratiche efficaci nel campo della promozione della salute per sviluppare l’attività fisica, offrire opportunità per smettere di fumare, promuovere un’alimentazione sana, ridurre l’assunzione di alcool e attuare misure per migliorare il benessere sul lavoro e oltre il lavoro.
Gli interventi di promozione della Salute nei luoghi di lavoro non devono rappresentare percorsi alternativi a quelli di Prevenzione e Sicurezza, né rappresentare strumenti di ‘sconto’ rispetto agli obblighi normativi.
Uno dei rischi che si corrono nel condurre esperienze di WHP è il rischio di un’adesione anche convinta da parte aziendale, ma vista come semplice ‘fringe-benefit’ per la propria manodopera.
Il management aziendale può, in perfetta buona fede, essere soprattutto interessato a ‘far qualcosa’ per i propri dipendenti al fine, generico, di migliorarne l’attaccamento all’azienda e, indirettamente, il benessere al lavoro. Un lavoratore che si senta seguito dalla propria azienda in tanti aspetti della propria esistenza certamente gode di un benessere maggiore di quel lavoratore che non abbia tali attenzioni. Per i cultori della medicina del lavoro è facile riscontrare l’analogia con il cosiddetto ‘effetto Hawtorne’ o, in termini medici più generali, con una sorta di effetto ‘placebo’”.
Deve interessare il vero end-point dell’azione intrapresa, cioè il guadagno di salute dei lavoratori coinvolti per effetto specifico dell’azione promossa. E per garantire il raggiungimento di tale obiettivo il follow-up diventa elemento indispensabile di qualsiasi proposta. È dunque importante occuparsi della verifica del raggiungimento degli obiettivi del programma attraverso strumenti di misura al follow-up, come è avvenuto per l’esperienza di Bergamo.